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Strano è bello: HAWRAF

Il team di HAWRAF ci racconta dei loro inizi, dei loro processi e di come sanno fondere il confine tra brand e pubblico.

Hero image for A Good Kind of Weird: HAWRAF

HAWRAF è strana. Non in maniera negativa. Più che altro, strana… interessante. Partiamo dal nome. Che significa?

“Quando stavamo per iniziare questo piccolo sforzo imprenditoriale, abbiamo emesso un suono collettivo. E quel suono era “HAWRAF”, spiega Andrew Herzog, cofondatore dello studio di design di New York lo scorso dicembre con Carly Ayres e Nicky Tesla. “E questo è diventato il termine di un nuovo studio che stava per nascere.”

HAWRAF (pronunciato esattamente come viene scritto) è nato da una relazione collaborativa che il trio ha forgiato lavorando insieme al Google Creative Lab. E anche se ha solo mezzo anno, HAWRAF si è già guadagnata l’attenzione di Vice and Fast Company per le sue strane attività.

Prendiamo, ad esempio, la volta in cui il team HAWRAF è rimasto sveglio per 26 ore per completare 26 progetti creativi in un’ora ciascuno, trasmettendo in live streaming ogni secondo.

E poi c'è stata la volta in cui Herzog ha ricoperto con del muschio vivo gli idranti antincendio e le fermate della metropolitana nel suo quartiere di Manhattan.

La sperimentazione, l’interattività e l’accessibilità creativa sono tutti elementi centrali del metodo HAWRAF, nella misura in cui esiste un “metodo HAWRAF”. Ayres, Herzog e Tesla stanno in gran parte capendo le cose man mano e lasciano che chiunque sia interessato guardi mentre lo fanno.

Il trio HAWRAF ha parlato con Mailchimp nel suo ufficio di Manhattan di trasparenza radicale, accessibilità creativa e del perché morire da eroe è meglio che sopravvivere da cattivo.

Come è nata l’idea di HAWRAF?

Herzog: Tutto è iniziato durante le conversazioni che abbiamo avuto al Google Creative Lab. Stavamo parlando di cosa dovrebbe essere uno studio di design nel 2017.

Ayres: Le conversazioni si basavano sulle nostre diverse esperienze, anche le nostre esperienze con gli studi con cui abbiamo collaborato mentre lavoravamo in Google. Avevamo molte idee che volevamo provare, come: “E se tutti collaborassero fin dall’inizio, indipendentemente dalla loro disciplina? Cosa succede se i ruoli sono abbastanza amorfi?” Avevamo questo elenco di idee e l’avvio di uno studio tutto nostro è stato un contenitore dove sperimentare alcuni di questi concetti.

È stata una decisione difficile quella di mettersi in proprio?

Tesla: All’inizio non mi andava. E tuttora non sono ancora convinta! Non è mai stata mia intenzione, almeno non così presto come per gli altri due partner, creare uno studio di design. Non sono andata a scuola di design; ho studiato ingegneria. Ma nel corso della collaborazione con loro al Creative Lab è emerso che crediamo davvero l’uno nell’altro. Sembra un luogo comune, ma sinceramente adoro lavorare con loro.

Herzog: Ho sempre voluto avviare il mio studio. Ho lavorato in un’agenzia pubblicitaria gigantesca e ho trascorso del tempo in un piccolo studio, e avevo molte idee su ciò che pensavo fosse buono in alcuni di questi posti, e poi c’erano le cose che volevamo provare, alcune idee che non avevamo mai visto in pratica prima.

Ayres: Una cosa che penso sia abbastanza emblematica di molte delle nostre pratiche è che Andrew, che è un designer grafico e interattivo, a volte va in giro per la città incollando il muschio alle cose.

Muschio?

Ayres: Andrew si occupa di numerosi progetti che eludono il concetto di design tradizionale.

Herzog: È un progetto che ho realizzato la scorsa estate. Hai mai sentito il proverbio secondo cui il muschio cresce sempre a nord? Nel mio quartiere, puoi avvistarlo sul lato nord degli idranti antincendio e delle stazioni della metropolitana. Si tratta di un progetto che si spinge al di fuori della tradizionale attività di design, una specie di esperimento interdisciplinare con un veicolo diverso.

Quale sarebbe lo scopo del progetto muschio?

Herzog: Esprimere questo messaggio: puoi mostrare che il muschio cresce a nord? E una volta comprovato, puoi usarlo come bussola?

Ayres: È una specie di mappa naturale. Creiamo un sacco di stranezze. Che, sorprendentemente, ci fruttano denaro.

Ha senso chiedersi: quali principi o filosofia animano HAWRAF?

Ayres: Innanzitutto, siamo mediamente agnostici. Parrtiamo dal concetto e pensiamo a quale dovrebbe essere il risultato finale. Le nostre creazioni non si basano mai sulle esperienze passate. È un concetto a noi ricorrente, considerando che viviamo a Manhattan. Ci stiamo occupando di qualcosa per un puro principio di dovere, o perché effettivamente offre un valore onesto ed effettivo a noi stessi e al cliente?

Siamo inoltre convinti dell’importanza di saper spiegare i motivi dietro le tue azioni e creazioni; in particolare, ai clienti. Cerchiamo di agire con chiare intenzioni e con un approccio estremamente onesto e diretto. “Parrtiamo dal concetto e pensiamo a quale dovrebbe essere il risultato finale.”

"Ci stiamo occupando di qualcosa per un puro principio di dovere, o perché effettivamente offre un valore onesto ed effettivo a noi stessi e al cliente?"

Altri designer o artisti hanno influenzato il tuo approccio?

Ayres: Il mio insegnante di arredamento dell’università, Yuri Kobayashi, diceva sempre: “Se vuoi progettare una sedia, ignora le altre sedie”. Se possiamo, cerchiamo l’ispirazione altrove, e di solito al di fuori del mondo del design.

Herzog: Attingiamo molto dal mondo dell’arte, della moda e del cinema, ma molto poco, se non nulla, dall’universo vero e proprio del design.

Ayres: Non ci ispiriamo direttamente ad altri design.

Herzog: Personalmente, non mi interessa molto il mondo del design.

Ayres: Per noi è più importante trovare la visione giusta per i progetti specifici che stiamo realizzando, piuttosto che guardare all’ultima novità. Ma abbiamo imparato molto da altri designer con cui abbiamo lavorato su pratiche aziendali, processi, come lavorare con i clienti, ma esteticamente stiamo cercando di guardare oltre quel mondo.

A proposito di processi: avete parlato onestamente di come costruite il vostro processo di progettazione. Perché togliere il sipario in questo modo?

Ayres: Vogliamo essere molto trasparenti su cosa significa avviare uno studio in questo momento. Vogliamo mostrare i meccanismi coivolti. Stiamo cercando di rendere il settore creativo più accessibile. Ciò significa che ci occupiamo molto di live streaming, di documentazione e di mettere in mostra la nostra realtà mentre impariamo, in modo che anche gli altri possano imparare.

Herzog: L’accessibilità creativa è un pilastro fondamentale per noi. È un riconoscimento del fatto che perseguire una carriera nel campo del design, o anche solo sapere cosa sia una carriera nel campo del design, è un privilegio. Cerchiamo di essere molto trasparenti, in modo che forse chi non è esperto di queste cose possa sapere cosa stiamo facendo, come lo stiamo facendo, vedere i nostri processi e alcuni degli errori che commettiamo e imparare da essi.

Avete definito HAWRAF “incentrato sul concetto”. Cosa intendete esattamente con questo?

Ayres: Partiamo sempre dall’idea e da lì capiamo come farla funzionare. Lavoriamo con tutti i tipi di mezzi: stampa, digitale, soluzioni utili e altre meno utili, e qualsiasi altra cosa ci capiti per le mani. Considerando le nostre diverse esperienze (la mia è più legata al design industriale e all’arredamento, quindi alla lavorazione del legno e del metallo; Andrew ha lavorato con il vetro colorato; Nicky è sempre alla ricerca di tecnologie diverse con cui giocare), cerchiamo sempre di metterci alla prova e di non limitarci a quello che dovrebbe essere il risultato finale. La risposta non sarà sempre un sito web. Potrebbe essere un’installazione.

Herzog: È anche una risposta a tante aziende che si identificano come “agenzia pubblicitaria digitale”. Pensiamo che il modo migliore per lavorare con le persone che cercano di comunicare messaggi sia iniziare concentrandosi sulla conversazione iniziale e sul workshop. Quello che potremmo scoprire è che, invece di un sito web, possiamo realizzare un’illustrazione, un libro o qualcosa di completamente diverso. Per noi, si tratta di essere aperti nel cercare di realizzare ciò che è necessario.

Sembrate interessati a confondere il confine tra brand e pubblico. Il vostro sito web mobile, per esempio, è un gioco interattivo. E gli utenti possono disegnare dappertutto sulla versione desktop.

Herzog: Si rifa all’idea di interazione. Il marketing e la comunicazione sono stati una strada a senso unico per tutto il tempo in cui il marketing è stato una professione. Vogliamo creare queste esperienze come loop interattivi, in un certo senso. Ma cerchiamo di crearli in un modo da non chiuderli completamente. E una volta che le persone partecipano alla conversazione, si chiude il cerchio.

Uno spazio per creare un legame forte con un pubblico è l’email. Cosa pensi di questo strumento di comunicazione?

Ayres: L’email è fantastica. Puoi creare un messaggio personalizzabile da recapitare direttamente nella casella di posta di qualcuno. E penso che in futuro saremo in grado di adattare ulteriormente il messaggio al destinatario, cosa che è già possibile fare in una certa misura, soprattutto con Mailchimp.

Abbiamo esplorato alcune idee in passato con le newsletter per Collaborative Fund x I am OTHER e CreativeMornings, ma c’è ancora molta strada da fare.

Quali sono i tuoi obiettivi aziendali a lungo termine?

Tesla: Amo ricordare al team alla fine di ogni giornata lavorativa che si muore da eroi, o si vive abbastanza a lungo da diventare cattivi.

Ayres: Non avrei potuto dirlo meglio da solo.

Altre 3 citazioni di HAWRAF che vale la pena leggere

Abbiamo modificato la nostra conversazione con HAWRAF per ragioni di lunghezza e leggibilità. Ma se hai voglia di più HAWRAF, queste scene dovrebbero soddisfare il tuo appetito.

Sul fronteggiare la verità:

Ayres: “Essendo una persona che vive su Internet al giorno d'oggi - e che vive fuori da Internet - c’è ovviamente una differenza nella narrazione tra ciò che le persone condividono online e ciò che è la loro effettiva quotidianità. Lo si può vedere su Instagram e in ciò che le persone condividono su Facebook. E questo porta a questa grande illusione che tutti stanno andando alla grande, e non no.”

Sulle t-shirt interattive:

Herzog: “Crediamo che tutto possa essere interattivo. Che si tratti di una T-shirt, di un poster specchiato o di una domanda di lavoro, pensiamo che le comunicazioni che metti in giro per il mondo debbano dire qualcosa e invitare qualcuno a rispondere. Accessibilità consiste nel fare in modo che, qualunque sia l’interazione, sia accessibile a tutti.”

Sul fatto di non dire “prima di tutti gli altri”:

Ayres: “La gente blocca i banner pubblicitari e manda avanti velocemente le pubblicità, quindi il marketing ora consiste nel costruire il riconoscimento del brand in modo che le persone siano in grado di partecipare a ciò che stai dicendo. Nessuno vuole che gli si parli addosso e conosciamo tutti le tattiche di seduzione dei brand. Ci interessa capire come fare un lavoro che sia autentico e significativo, pur raggiungendo gli stessi obiettivi.”

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